Leonardo Divisione Velivoli

Natura giuridica
Società
Descrizione
La spinta data dalla politica, dai capitali, dalla presenza del comparto automobilistico, dall’Università e dai primi enti aeronautici militari, come la Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare – DTAM (DTAM, Direzione Tecnica Aviazione Militare istituita nel gennaio 1915 con l’obiettivo di sovrintendere, valutare e controllare la produzione industriale nazionale e di progettare velivoli rispondenti alle esigenze delle forze armate e farli costruire dalle aziende più adatte) hanno permesso al capoluogo piemontese di essere il fulcro di tutta una serie di imprese e avvenimenti fondamentali per la storia dell’aviazione nazionale.

Una storia, tuttavia, la cui narrazione risulta particolarmente complessa, in quanto risultato di società diverse, molte delle quali di antiche origine, il cui operato si intreccia nell'arco di oltre un secolo, attraverso fusioni societarie, cessioni di ramo d'azienda e costituzione di nuove società.

Il primo avvio dell’industria aeronautica a Torino sarà promosso da Franz Miller che costituirà nei primi mesi del 1909 costituirà le Officine Miller a cui seguiranno la Chiribiri e l’Asteria, entrambe con una vita produttiva breve. Il primo vero insediamento industriale sarà quello della Società Italiana Transaerea (SIT), costituita dalla francese Blériot nel luglio 1912 per produrre i propri monoplani Tipo XI. Nel giugno 1914 la Fiat, dapprima limitata ai soli motori (1908), costituirà la Società Italiana Aviazione (SIA) iniziando, a partire dal 1915, la costruzione su licenza dei biplani SIA 5 (Farman MF11). Gli apparecchi saranno dotati di una mitragliatrice e di un motore Fiat A.10 da 74.5 kW (100 hp).

In seguito, il capitano Umberto Savoja (1884-1954) e il sottotenente Ottorino Pomilio (1887-1957) della DTAM sceglieranno l’azienda SIA per costruire in serie il biplano SP2 ed i successivi SP3 e SP7B1/2. La SIA nel 1918 muterà il nome in Fiat Aviazione.
Negli stessi anni sorgerà la Società Anonima Costruzioni Aeronautiche Ottorino Pomilio &Co. (fondata nel maggio 1915) che vedrà i suoi primi stabilimenti in Corso Francia 366, a Torino, tutt’oggi sito produttivo di Leonardo Velivoli. Con uno stabilimento grandioso e razionale, costruito in pochi mesi, la Pomilio realizzerà oltre 1500 aerei (in gran parte biplani delle famiglie SP e P), risultando una delle prime industrie del settore aeronautico in Piemonte.

Tuttavia, la fragile struttura finanziaria, le restrizioni imposte dalle politiche internazionali del primo dopoguerra e le difficoltà a tenere il passo dell’innovazione tecnologica, porteranno, prima nel 1917, poi nel 1918, alla vendita della SIT e poi della Pomilio. Saranno infatti Mario e Pio Perrone, eredi dell'imprenditore Ferdinando Maria Perrone che nel 1902 aveva assunto il controllo dell'Ansaldo, ad acquistare entrambi gli stabilimenti, rispettivamente denominati Cantiere Aeronautico n°3 e n°5, e le annesse produzioni. La Gio. Ansaldo & C., fondata da un gruppo di imprenditori genovesi nel 1853, darà avvio a un’impresa che attraverserà la storia industriale del settore meccanico, aeronautico, metallurgico e dei trasporti terrestri e navali. L’Ansaldo, infatti, che già dal 1916 con l’acquisto della Fiat-San Giorgio aveva iniziato a costruire idrovolanti nel sito di Borzoli (Cantiere Aeronautico n°1), a nord ovest di Genova, con l’acquisizione della SIT e poi della Pomilio, consoliderà il suo nome nel comparto dell’aviazione.

Dalle prime produzioni su licenza (idrovolanti Sopwith) si passerà nel 1917 – grazie a una commessa ricevuta dalla Direzione Tecnica dell’Aeronautica Militare – alla serie degli Ansaldo SVA (acronimo per indicare il nome dei due progettisti Umberto Savoia e Rodolfo Verduzio, e la ditta produttrice Ansaldo); un velivolo della serie 9 è oggi conservato al Museo dell’industria Aeronautica Leonardo a Caselle Torinese. Le fabbriche Pomilio saranno acquisite dalla Ansaldo ufficialmente a metà del 1918. Alla fine della guerra saranno oltre 12.000 i velivoli prodotti in Italia.

Con le restrizioni economiche e il ridimensionamento delle produzioni che impatterà tutti i settori della difesa nel dopoguerra, il 24 aprile 1920, la Pomilio & Co. assumerà come nuova denominazione sociale Aeronautica Ansaldo. “Da un punto di vista societario la nuova ditta era autonoma e la presenza della Fiat divenne sempre più marcata culminando nel 1924, con la nomina a presidente dell’ingegner Guido Fornaca, già amministratore delegato della Sia, e a consigliere dell’avvocato Edoardo Agnelli.”

Negli anni Venti la Fiat-SIA inizierà una politica di forte espansione nell’industria aeronautica grazie a ingenti investimenti: acquisirà nel 1926 l’Ansaldo assumendo il nome di Aeronautica d’Italia, poi, nel 1934, acquisirà la Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Società Anonima (CMASA) erede della Società Anonima Italiana Costruzioni Meccaniche (SAICM), che produceva a Marina di Pisa gli idrovolanti Dornier. Infine, nel 1936, ingloberà anche la Costruzioni Aeronautiche Novaresi Società Anonima (CANSA), erede della Gabardini che costruiva aerei scuola. È l’avvio di un percorso che farà diventare l’Azienda una tra le più grandi industrie aeronautiche al mondo.
Tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta, l’intero comparto aeronautico registrerà una forte crescita economica dando lavoro a oltre 150.000 persone. Anni - questi - in cui saranno progettati e prenderanno il volo i più celebri e diffusi aerei italiani di tutti i tempi.

La riconversione di molte attività produttive durante gli anni post-bellici, imposte dal trattato di pace del 1947, porterà a ridefinire e riorientare le produzioni in motociclette e altri mezzi di trasporto annessi al settore meccanico. Sono anni di riorganizzazione per l’intero comparto che vedranno la nascita di FIAT Divisione Aviazione, nel 1954, e Aerfer nel 1955.

Il 5 novembre 1969 il Presidente della FIAT, Giorgio Tupini, annuncerà la creazione della joint venture in campo aeronautico Aeritalia: “per dotare di un valido strumento operativo la nostra industria aeronautica, caratterizzata da dimensioni assai modeste (25.000 addetti a fronte di 1.400.000 in USA, 250.000 in Gran Bretagna e 100.000 in Francia”. Nell’Aeritalia, saranno coinvolte la divisione aeronautica della Aerfer, la Filotecnica Salmoiraghi (non per la parte di occhialeria che sarà compattata alla IOR con Galileo, ma per le produzioni relative agli equipaggiamenti e ai sistemi aeronautici e spaziali) e la Fiat Avio. La società inizierà a operare nel 1972, non senza difficoltà economiche, che porteranno la Fiat a cedere la sua partecipazione nel 1976, diventando interamente di Finmeccanica. In questi anni così complessi non mancherà la partecipazione ai grandi programmi internazionali: il Tornado, l’AMX, il DC10, il G222. Dal 1978, le prospettive di Aeritalia miglioreranno considerevolmente. Intorno agli anni Ottanta, l’azienda si collocherà al 26° posto nel mondo e al 10° in Europa.

Nel 1985 Aeritalia acquisirà l’Alfa Romeo Avio, una scelta legata alle difficolta dell’Alfa Romeo (le aziende aeronautiche non si occupavano direttamente di motori). La razionalizzazione del comparto industriale degli anni Novanta, causata da un calo della domanda sul mercato, porterà il 20 dicembre 1990 alla fusione di Aeritalia con la Selenia per formare Alenia. Decisione che sarà dettata dalla “…necessità di accrescere le capacità concorrenziali mediante alleanze che consentano di far fronte ai rilevanti impegni di ricerca e, nello stesso tempo, favoriscano la concentrazione di sempre più sofisticate tecnologie.”

La nuova società sarà organizzata in quattro differenti comparti: Alenia Aeronautica (2002), Alenia Sistemi Difesa, Alenia Spazio e Alenia Sistemi Civili, riunendo circa 30.179 addetti e con un fatturato di 4.872 miliardi di Lire. L’operazione permetterà a Finmeccanica di arrivare a controllare circa il 70% della produzione militare in Italia. Tuttavia, la necessità di un piano di efficientamento, legato a un eccesso di siti produttivi e impianti duplicati, con il “Piano di settore per l’industria aeronautica” lanciato nell’ottobre del 1995, porterà a un’ulteriore importante acquisizione di un’azienda con una solida tradizione e un chiaro core business: quella dell’Aermacchi (che nel 1997 aveva acquisito la SIAI Marchetti). La trattativa per l’acquisizione da parte dell’Aermacchi di Alenia avviata nel 2000, si concluderà nel 2002, cui seguirà un ulteriore perfezionamento nel 2003 con l’acquisizione da parte di Finmeccanica del 67% del pacchetto azionario, per un valore di 155 milioni di Euro.
Tre anni più tardi, nel 2006, Finmeccanica incorporerà al 100% l’azienda dando vita all’Alenia AerMacchi.

Saranno gli anni dei grandi accordi internazionali, con la Boeing, con la Global Military Aircraft Systems (GMAS) fino ad arrivare, nel 2008, al centro di un reticolo di alleanze con i maggiori player internazionali Eads, Boeing, Lockheed, Sukhoi.

In seguito alla crisi finanziaria internazionale del 2009, con la riduzione dei budget e l’aumento della concorrenza internazionale, Finmeccanica punterà su una strategia di razionalizzazione dei vari asset industriali. La riorganizzazione in una One Company si avvierà così, a partire dal 2014, per poter garantire “maggiore efficienza, efficacia e flessibilità operative e migliore competitività sui mercati internazionali. ” Tale strategia condurrà il Gruppo all’uscita dai settori dell’energia e dei trasporti e trasformerà le società controllate in Business Unit, facendo così confluire in Azienda, tutte le realtà precedentemente controllate. L’obiettivo sarà avere “un’unica società, attiva nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, con una forte focalizzazione sulle aree di leadership tecnologica e di prodotto”. Il rebranding in Leonardo del 2016 chiuderà idealmente questo percorso di trasformazione.
Estremi cronologici
1909 - ***
Copertura territoriale
Torino
Riferimenti bibliografici
Gregory Alegy, “In volo da 100 anni”, Alenia Armacchi, 2013 (pg. 5-7-32)
Tim Callaway, “Aviation Classics” Issue 20, Mortons Media Group, May 2013
Angelo Moriondo, “Gli albori dell’aviazione a Torino”, Ed.4, Torino, 2016
Vera Zamagni, “Finmeccanica”, Ed Il Mulino, 2009 (cap. V)