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Descrizione
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Le immagini qui descritte provengono dall'Archivio Ansaldo e dall'Archivio Perrone (dal nome della famiglia che guidò l'azienda dal 1902 al 1922, ultima gestione privata prima che la società passasse sotto il controllo della Banca d'Italia).
Per quanto riguarda le fotografie, si tratta prevalentemente da negativi su vetro (autocromie e gelatine ai sali d'argento) e, nel caso di positivi, di albumine e di positivi su carta baritata. Arricchiscono ulteriormente la selezione alcuni manifesti realizzati da importanti cartellonisti quali Guido Pallanti e Mario Dezzutti, titoli azionari e planimetrie degli stabilimenti.
È proprio la fotografia a diffondere i panorami di questo nuovo mondo dell'industria, un mondo fatto di officine titaniche, di ferro e di fuoco., come in una sorta di catalogo visivo della modernità. In realtà la fabbrica fotografata corrisponde solo in parte alla fabbrica reale e per quanto "otticamente vero", ciò che l'immagine trasmette è il risultato di un'accurata scenografia aziendale. È volontà di autorappresentazione: la funzione della fotografia industriale è in primo luogo promozionale, al contempo testimonianza di filiere produttive e risultato di una produzione di simboli che dovranno veicolare l'immagine e la riconoscibilità della singola impresa.
Al nome Ansaldo è possibile legare un capitolo considerevole di questo processo di acculturazione visiva del paese e del suo intrecciarsi sia con lo sviluppo della cultura d’impresa sia con il formarsi dell’immaginario collettivo della nazione.
Nel corso della seconda metà dell’800 la produzione fotografica dell’azienda, almeno quella rintracciata, appare davvero modesta. Le rare fotografie che illustrano a partire dal 1897 gli opuscoli pubblicitari non riescono a competere né con la realtà né con la parola scritta. Sono raffigurazioni prive di suggestione, senza presenza umana, incapaci di comunicare alcunché.
Il salto di qualità avviene all’inizio del Novecento quando la dirigenza Ansaldo intuisce che “non c’è come il metodo grafico per parlare alle masse, anche le più intelligenti”. Prende quindi avvio quel processo di costruzione di un’immagine ideale dell’Ansaldo, capace di consolidarne l’identità e riassumere emblematicamente un’impresa che conta oramai, nei primi anni del 900, dieci stabilimenti e oltre 17.000 addetti.
La costituzione nel 1911 di un gabinetto fotografico interno evidenzia questo complessivo salto di qualità e la scelta di raggiungere, anche sul piano della comunicazione, quell’autonomia perseguita come obbiettivo strategico sul piano della produzione. Nei fatti non è tanto il risultato tecnico che cambia, per quanto il gabinetto si doti di camere capaci di riprendere “ambienti poco illuminati” come le officine e di fotografi dipendenti in grado di ridurre i tempi del lavoro e di “recarsi nei reparti senza disturbare”.
Ciò che muta è che da occasionale l’uso della fotografia viene istituzionalizzato, standardizzato nella realizzazione di una enciclopedia visiva della società e delle sue produzioni. Promozione commerciale e ideologia d’impresa trovano la loro sintesi nella selezione e nella semplificazione del reale operata dalla macchina oscura.
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Riferimenti bibliografici
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"Scatti di industria. 160 anni di immagini dalla Fototeca Ansaldo" a cura di Alessandro Lombardo, Recco, 2013